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La storia, gli aneddoti
Stroffolini
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11 Mesi 2 Ore fa - 10 Mesi 4 Settimane fa #27
da giamod
Stroffolini è stato creato da giamod
Stroffolini!, Troise!
Anni 70. Stavo tranquillamente facendo non ricordo cosa, forse maneggiando transistor, nel laboratorio 2 , a via Tari. Si avvicina Geppino Troise e, cercando di aiutarmi, cercava di ficcare dei componenti nella piastra millefori con gesti ad altissima frequenza ad andamento caotico, Ad un certo punto mi dice: Gianfrà, cerca di aiutare questo qui, è bravo, ma da un pò di tempo non frequenta, preso come è da fatti musicali. Era Eugenio Bennato. Io pensai: chissà chi aiuta me! Ma accettai ed iniziammo io ed Eugenio (caso più unico che raro ad avere nome e cognome che significano la stessa cosa in lingue diverse) un cammino di studi assieme. Dopo laboratorio 2 affrontammo l'Everest, il Golgota, il superattico degli esami: istituzioni di fisica teorica, con Stroffolini. E questo al Padiglione 19, a Fuorigrotta. All'epoca era un esame fatto di tre step: elettrodinamica, relatività e meccanica quantistica. La preparazione durava quasi un anno intero ed era sempre incompleta per un comune mortale. Fu fatta in modo del tutto particolare, per me. Abbiamo studiato al Padiglione, a casa nostra, in aereo dove capitava. Si aggiunse a noi Leonardo Cerrito e prendemmo pure a studiare a casa sua, al Petraio(nella foto, io a casa di Leonardo). A parte l'aereo, le case erano luoghi strani. La mia abbastanza normale, con mia madre genio del catering, ma da Eugenio le cose si facevano interessanti. C'era un ragazzo che, con la faccia rivolta al muro, suonava e cantava senza interruzioni, nella stessa stanza dove io ed Eugenio cercavamo di capire il vettore di Pointing. "Ma chi è?" dissi io. "E' mio fratello Eduardo, non lo pensare, è tornato da poco dalla Svizzera e fa solo questo" fece Eugenio con un'aria di profonda sopportazione. Pensai, solo per un momento a quanto fossero belle le cose che cantava, della serie "puortatell'a casa!" .
Arrivò il giorno dell'esame. Esame di gruppo. Io, Eugenio e Leonardo. Elettrodinamica. Inizio verso le 15. Alle 21 era finito, con Leonardo muto, silente, catatonico su Kircchoff. Stroffolini disse: "Vabbuò, secondo me ci vediamo domani mattina e continuiamo" Io ed Eugenio credo che ci ribellammo sommessamente e convincemmo Stroffolini a chiuderlo li. Si intuiva che leonardo era il meno preparato e non poteva coinvolgerci nel prosieguo della tortura.
Ed infatti Relatività lo demmo solo io ed Eugenio. Fu un esame, secondo me, più vicino ad una piece teatrale che ad una cosa accademica. Io e lui incastravamo le frasi, le parole, gli argomenti. Stroffolini, come agli incontri di tennis, guardava me ed Eugenio, desta, sinistra, pallonetto, smash, con quei suoi occhi un tantino strani. Ad un tratto, Stroffolini, pur di intervenire, aprì il cassetto della sua scrivania e cacciò una cosa.
"Io tengo questo", disse.
Era un sigaro cubano, il più grande che avessi mai visto, simile ad un salame napoletano.
"Continuate, prego"
Allibiti, Io ed Eugenio continuammo la nostra esibizione
Stroffolini!
Anni 70. Stavo tranquillamente facendo non ricordo cosa, forse maneggiando transistor, nel laboratorio 2 , a via Tari. Si avvicina Geppino Troise e, cercando di aiutarmi, cercava di ficcare dei componenti nella piastra millefori con gesti ad altissima frequenza ad andamento caotico, Ad un certo punto mi dice: Gianfrà, cerca di aiutare questo qui, è bravo, ma da un pò di tempo non frequenta, preso come è da fatti musicali. Era Eugenio Bennato. Io pensai: chissà chi aiuta me! Ma accettai ed iniziammo io ed Eugenio (caso più unico che raro ad avere nome e cognome che significano la stessa cosa in lingue diverse) un cammino di studi assieme. Dopo laboratorio 2 affrontammo l'Everest, il Golgota, il superattico degli esami: istituzioni di fisica teorica, con Stroffolini. E questo al Padiglione 19, a Fuorigrotta. All'epoca era un esame fatto di tre step: elettrodinamica, relatività e meccanica quantistica. La preparazione durava quasi un anno intero ed era sempre incompleta per un comune mortale. Fu fatta in modo del tutto particolare, per me. Abbiamo studiato al Padiglione, a casa nostra, in aereo dove capitava. Si aggiunse a noi Leonardo Cerrito e prendemmo pure a studiare a casa sua, al Petraio(nella foto, io a casa di Leonardo). A parte l'aereo, le case erano luoghi strani. La mia abbastanza normale, con mia madre genio del catering, ma da Eugenio le cose si facevano interessanti. C'era un ragazzo che, con la faccia rivolta al muro, suonava e cantava senza interruzioni, nella stessa stanza dove io ed Eugenio cercavamo di capire il vettore di Pointing. "Ma chi è?" dissi io. "E' mio fratello Eduardo, non lo pensare, è tornato da poco dalla Svizzera e fa solo questo" fece Eugenio con un'aria di profonda sopportazione. Pensai, solo per un momento a quanto fossero belle le cose che cantava, della serie "puortatell'a casa!" .
Arrivò il giorno dell'esame. Esame di gruppo. Io, Eugenio e Leonardo. Elettrodinamica. Inizio verso le 15. Alle 21 era finito, con Leonardo muto, silente, catatonico su Kircchoff. Stroffolini disse: "Vabbuò, secondo me ci vediamo domani mattina e continuiamo" Io ed Eugenio credo che ci ribellammo sommessamente e convincemmo Stroffolini a chiuderlo li. Si intuiva che leonardo era il meno preparato e non poteva coinvolgerci nel prosieguo della tortura.
Ed infatti Relatività lo demmo solo io ed Eugenio. Fu un esame, secondo me, più vicino ad una piece teatrale che ad una cosa accademica. Io e lui incastravamo le frasi, le parole, gli argomenti. Stroffolini, come agli incontri di tennis, guardava me ed Eugenio, desta, sinistra, pallonetto, smash, con quei suoi occhi un tantino strani. Ad un tratto, Stroffolini, pur di intervenire, aprì il cassetto della sua scrivania e cacciò una cosa.
"Io tengo questo", disse.
Era un sigaro cubano, il più grande che avessi mai visto, simile ad un salame napoletano.
"Continuate, prego"
Allibiti, Io ed Eugenio continuammo la nostra esibizione
Stroffolini!
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10 Mesi 4 Settimane fa - 10 Mesi 4 Settimane fa #28
da deluise
Risposta da deluise al topic Stroffolini
Quando sono stato assunto all'Università (1988), dopo alcuni giorni passati al centro mi smistarono al padiglione 19 del Dipartimento di Scienze Fisiche, presso la Segreteria che all'epoca era definita "scientifica" per distinguerla da quella amministrativa. Molti sono gli aneddoti che potrei raccontare ma per ora mi accodo al ricordo di Gianfranco a proposito del professor Stroffolini. Non è esagerato affermare che fosse "mitico" già a quei tempi. Mi raccontarono quasi subito storie che lo riguardavano, soprattutto del carisma incredibile che aveva nella comunità dei fisici. Il suo atteggiamento nei confronti del personale non docente era simpatico e di tipo paternalistico. Ricordo come, in tante occasioni, il suo annuncio era dato dall'inconfondibile odore del tabacco dei sigari "Toscano" che fumava. Mi sembrava perennemente in azione e mi è rimasta impressa, rivedendola come la scena di un film, quando commentò con alcuni colleghi un'immagine che riguardava l'annuncio incredibile della possibilità fattiva della fusione fredda, che colpi il mondo scientifico in quegli anni (e che poi fu ridimensionata da altri esperimenti). Era eccitatissimo e mi sembrava guardasse quell'immagine così come uno scienziato esamina in un microscopio un mondo inaccessibile nella realtà quotidiana.
Un episodio, del quale rido ancora quando ci ripenso, mi riguardò personalmente. Era quasi ora per me di andare via, l'orario di servizio era terminato. Mi approccia Stroffolini, con delle carte in mano: "De Luì - così mi chiamava - dobbiamo fare dei fax". "Professò - risposi - e che sono?". Era vero, ignoravo dell'esistenza di questa nuova tecnologia (che poi, negli anni, ho scoperto risalire addirittura a metà Ottocento, ma questa è un'altra storia). "Non ti preoccupare, ti faccio vedere io, andiamo all'altro padiglione" (il telefax infatti stava al 20). Io, incavolato per questo contrattempo (ma chi poteva dire di no al professore? Non certo io, uno fra gli ultimi arrivati!), lo seguii. Ci piazzammo davanti alla macchina famigerata. Lui incominciò a trafficare tra fogli, pulsanti, ecc. Io pregavo dentro di me che succedesse qualcosa "a mio vantaggio". Fatto sta che Stroffolini prova una prima, una seconda, varie volte. Il fax non va. Dentro di me, ringraziavo il Cielo o le mie doti apparentemente da "seccia" - come si dice a Napoli - capace di fermare almeno momentaneamente l'aggeggio antipatico. Lui a un certo punto si girò e guardandomi intensamente disse "Vabbuò, lo facciamo la prossima volta". "Certo, professo'". E sgattaiolai via. Tante, tantissime altre volte ho incontrato il professor Stroffolini fino alla triste notizia della sua scomparsa. E devo dire che ne ho un ricordo di simpatia e benevolenza. Non ho affrontato i suoi "strali", il che mi sembra una cosa buona, e quindi con affetto ricordo ancora il profumo dei sigari che ne annunciava quasi sempre l'arrivo.
Un episodio, del quale rido ancora quando ci ripenso, mi riguardò personalmente. Era quasi ora per me di andare via, l'orario di servizio era terminato. Mi approccia Stroffolini, con delle carte in mano: "De Luì - così mi chiamava - dobbiamo fare dei fax". "Professò - risposi - e che sono?". Era vero, ignoravo dell'esistenza di questa nuova tecnologia (che poi, negli anni, ho scoperto risalire addirittura a metà Ottocento, ma questa è un'altra storia). "Non ti preoccupare, ti faccio vedere io, andiamo all'altro padiglione" (il telefax infatti stava al 20). Io, incavolato per questo contrattempo (ma chi poteva dire di no al professore? Non certo io, uno fra gli ultimi arrivati!), lo seguii. Ci piazzammo davanti alla macchina famigerata. Lui incominciò a trafficare tra fogli, pulsanti, ecc. Io pregavo dentro di me che succedesse qualcosa "a mio vantaggio". Fatto sta che Stroffolini prova una prima, una seconda, varie volte. Il fax non va. Dentro di me, ringraziavo il Cielo o le mie doti apparentemente da "seccia" - come si dice a Napoli - capace di fermare almeno momentaneamente l'aggeggio antipatico. Lui a un certo punto si girò e guardandomi intensamente disse "Vabbuò, lo facciamo la prossima volta". "Certo, professo'". E sgattaiolai via. Tante, tantissime altre volte ho incontrato il professor Stroffolini fino alla triste notizia della sua scomparsa. E devo dire che ne ho un ricordo di simpatia e benevolenza. Non ho affrontato i suoi "strali", il che mi sembra una cosa buona, e quindi con affetto ricordo ancora il profumo dei sigari che ne annunciava quasi sempre l'arrivo.
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